IO – Into Oblivion
Ciao amici di Commodoreblog, eccoci qui per fare un salto indietro nel tempo e rigiocare ad IO, quel mostro sacro che è entrato di diritto nella storia del Commodore 64.
IO, sparare con classe
DeLorean caricata a pallettoni e pronti a partire amici? Eccoci atterrare nella primavera del 1988, è il mese di Marzo e io so bene dove recarmi. E’ un Deja Vu, un gesto che annualmente, alla fine di quel mese, compio sempre: mi reco a colpo sicuro da Marchisio in Via Pollenzo. Gli amici della banda di Borgo San Paolo mi accompagnano sempre, per vedere cosa mi sarei preso per il compleanno. Mesi di paghette, di risparmi per potermi permettere un gioco originale.
Piove. Quell’anno iniziò a piovere in quel giorno ed andò avanti tutto il mese seguente. L’attesa è snervante, il balcone da solo non basta a coprirci le spalle, ma è troppa l’emozione di guardare quelle scatole colorate messe in bella mostra in vetrina. In quel mese di Marzo 1988, una volta entrato in negozio, comprai il mio gioco originale ed emozionante, ma lo accompagnai da una cassetta copiata: si trattava di IO, uno shoot em up che visivamente mi turbava molto.
Grande Firebird
Come ben sapete, IO è un shoot em up orizzontale, pubblicato dalla Firebird. Ho sempre adorato questa etichetta, facente parte della grande famiglia Telecomsoft. Aveva come logo un uccello rosso in fiamme, e quasi tutti i giochi che sfornava erano belli. Non faceva eccezione questo IO, che è l’acronimo di Into Oblivion, almeno così si deduce grazie ad una ristampa economica del 1992 a cura della Prism Leisure. Attenzione a non fare confusione: esiste un altro Into Oblivion, datato 1986, edito da Mastertronic per Zx e Amstrad.
IO, trama e dinamiche
Certo che tentare di dare una trama agli shoot em up di quegli anni è quasi comico. Anche in questo caso, come in mille mila altri spara e fuggi, la Terra è diventata inabitabile. Il motivo è sempre quello, ovvero la distruzione ambientale: fa specie vedere come dagli anni ottanta ad oggi non sia cambiato nulla. Ma nel futuro, un convoglio carico di astronavi partì per un nuovo pianeta. Ovviamente il viaggio è lungo ed è tormentato da attacchi alieni.
Da un lato li capisco: l’essere umano è un parassita, ovunque vada prosciuga tutte le risorse ambientali. Questi alieni alla fine cercano solo di difendersi, consci che una migrazione umana in qualche pianeta possa segnare la fine del medesimo.
Ovviamente a noi spetta l’ingrato compito di guidare una navicella attraverso quattro livelli. Lo spazio stellato ci fa da sfondo, mentre scrollano in parallasse le strutture in primo piano. Bisogna fare molta attenzione a come ci si muove, visto che toccare queste strutture equivale a morte certa.
Livelli di gioco
Inizieremo in una sorta di base futuristica. Qui i richiami al primo livello di R-Type sono così evidenti da essere, a volte, imbarazzanti. Sui bordi dello sfondo troviamo rotaie con torrette che ci sparano, davvero ostiche da uccidere. Quando arrivano i “serpentoni” che poi girano in tondo, il richiamo allo shoot em up di casa Iren è totale. Ucciso il boss, veramente ostico, eccoci piombare in una strana giungla, popolata da bizzarre creature semi organiche. Il boss di fine livello è entrato nella storia per la sua bellezza, anche se molto facile da abbattere.
Il terzo livello che ci toccherà affrontare è una zona desertica dal colore rosso, dove le protuberanze sono così pronunciate da costringerci a vere acrobazie per non morire.
Il quarto e ultimo livello ci porta al cospetto di spaventose strutture organiche dal colore blu. In alcuni casi sembra di passare in mezzo a vertebre e scheletri stellari.
IO, grafica e sonoro
La parte grafica è stata curata da Bob Stevenson. Non era la sua prima esperienza, visto che aveva lavorato già su Mega Apocalypse. Fece un ottimo lavoro, creando scenari vari e molto dettagliati. Degni di lode anche i nemici, ben definiti e con grandi animazioni, ma sopratutto gli immensi boss di fine livello. In seguito Bob Stevenson fu molto apprezzato per il suo lavoro su Salamander e, soprattutto, su Myth.
La controparte audio non è così eccelsa invece. Il buon Whittaker si cimenta in una musichetta per il menù iniziale ma in game troveremo solo pochi effetti sonori. Credo che questo sia dovuto al fatto che il gioco stesse tutto su un caricamento unico.
Potenziamenti, essenziali
I power-up, negli sparatutto, sono quasi sempre essenziali per proseguire. Poi ci sono giochi come IO dove lo sono ancora di più. Durante la nostra missione, troveremo delle bombe base che distruggono tutti i nemici appena raccolte. Sparandoci sopra si modificano in potenziamenti. Inizialmente lascia spiazzati, perché non cambia il tipo di arma, ma, ad esempio, aumentano la velocità di fuoco.
Raggiunto il massimo, aggiungeremo fino a due sfere protettive che fluttuano vicine alla navicella, una sorta di Beam semplificato. Esse sparano e si sacrificano al posto della navicella in caso di collisioni. Se la nave viene colpita mentre hai un satellite al tuo fianco, all’inizio perderai solo quello. A proposito di vite, si ottiene una vita extra dopo 20.000 punti e poi ogni 50.000 punti.
IO, un successo…
Nel 1988 il gioco fece un buon successo, tale da farlo quasi diventare di culto nel mondo degli otto bit. Molto lo si deve alla sua grafica ben realizzata e nello scorrimento fluido. Poteva diventare un cult assoluto se solo avessero reso cooperativa la modalità a due giocatori. Purtroppo i due players devono fare a turno, il primo su una navicella azzurra e il secondo in una rossa.
Le riviste dell’epoca lo trattarono molto bene, partendo da un 80% di Zzap!, cosi come la rivista tedesca Happy Computer. Nonostante non fu mai premiato da nessuna rivista divenne veramente un gioco di culto nella comunità dei players dell’epoca.
… ma con molti limiti.
Il gioco presentava parecchi limiti, e se paragonato ai più blasonati shoot em up del periodo non ne usciva messo bene. La colpa maggiore è additabile alla mancanza del multiload. Se da un lato è ottimo avere tutto il gioco disponibile dopo un unico caricamento, il rovescio della medaglia sono i limiti che ciò si porta dietro. Il più evidente è il numero di livelli, limitato a quattro. Per fare un esempio, Delta ne aveva 32. Capite da soli che la longevità del gioco risulta limitata.
Probabilmente, per sopperire a questo problema, decisero per farlo tosto, terribilmente tosto, al limite del frustrante. La meccanica è quella di R-Type, ovvero se vieni ucciso in un punto qualsiasi del gioco, perdi tutti i potenziamenti. Perciò, quando hai tutti e 5 i potenziamenti, voli e devasti tutto. Ma se non li hai, nel migliore dei casi riesci a sparare qualche colpo e muori.
A questo, almeno parlo per me, si aggiunge una certa difficoltà a memorizzare gli attacchi nemici, perchè i fondali si ripetono molto spesso e ciò mi fa perdere l’orientamento nel livello. Ma i POKE ci vengono in aiuto, e nel caso non abbiate una versione già craccata, ecco qui qualche codice da inserire. POKE 25117,173: vite illimitate. Poi abbiamo POKE 27015,010 per indistruttibilità e POKE 25076,002 per avere i potenziamenti.
Riflessioni del Biker
IO è uno shoot em up che visivamente, anche se a tratti ripetitivo, appaga molto. Paga dazio il caricamento singolo, che ne limita i livelli e toglie dettagli, come l’audio ridotto al minimo sindacale. Adoro gli sparatutto, non passava giorno che almeno una partita a qualcosa del genere non la facessi. IO lo ho sempre trovato abbastanza snervante: il grado di difficoltà è troppo secco, non c’è linearità. Senza trucchi non riuscivo proprio a procedere.
Nonostante questo, a parte i buoni voti, questo gioco ha sempre avuto uno zoccolo duro di affezionati che ancora oggi lo reputano il meglio del genere su biscottone. Probabilmente una difficoltà crescente in maniera più lineare avrebbe cambiato molto, in meglio, il gioco. Ma, complice il caricamento secco, abbiamo tra le mani quattro livelli da manicomio. Eh si, se volete io lo dico anche: Delta e Armalyte, per me, sono un altro pianeta!
Ora vi saluto, Mic the Biker vi da appuntamento al prossimo articolo. Ora qualche consiglio per voi!