The New Zealand Story
Ciao a tutti amici di commodoreblog, che ne dite di una partita a New Zealand Story? In piena era platform, quando era uno dei generi più in voga, Taito conferma la sua supremazia in questo campo sfornando un gioco maiuscolo, che sotto una grafica fumettosa nasconde una grande dinamica di gioco. Forza, saltiamo sulla DeLorean, destinazione Jesolo Beach.
New Zealand Story, simbolo di un’estate
Eccoci qui, arrivati in un battibaleno in Piazza Trieste, Jesolo Lido, in questa torrida estate del 1988. Come tutte le località balneari di quegli anni le sale giochi sono praticamente ad ogni angolo e tutte mediamente piene di gente. Dedicarsi quell’attimo di gioco prima di pranzo era un classico e con 200 lire ti toglievi il problema. E New Zealand Story fu il gioco dell’estate per me, il più giocato, il più odiato: dietro la sua grafica colorata e simpatica si nasconde un gioco assolutamente difficile, a volte crudele.
Taito did it again
Taito ci aveva abituato molto bene ai tempi, era una delle case leader nel fare videogames di un certo livello e soprattutto era diabolica nei suoi platform game. New Zealand Story non sfugge alla regola: proprio in questo 1988 esce questo arcade platform. Narra la leggenda che uno dei programmatori di Taito ebbe l’idea per il concept e l’ambientazione del gioco durante un viaggio di vacanza in Nuova Zelanda. La trama è classicamente semplice: controlliamo Tiki, un kiwi che deve salvare la sua ragazza Phee Phee e molti dei suoi altri amici rapiti da una grande foca leopardo. Una trama che mi ha sempre fatto pensare che nel suo viaggio il programmatore abbia abusato di sostanze allucinogene. Il gameplay segue la follia dell’idea di gioco: mentre evitiamo nemici, dobbiamo districarci in livelli simili a labirinti a scorrimento multi direzionale. Ad ogni fine livello viene liberato uno degli amici kiwi di Tiki intrappolati in una gabbia.
Obiettivo di New Zealand Story
L’obiettivo di ogni livello è quello di portare a casa la pellaccia, evitando le tonnellate di trappole e di nemici che si accaniscono contro di noi. Fin qui tutto nella norma se non fosse che Tiki muore in un colpo solo e che morire è la cosa più facile di tutto il gioco. Tutto questo rischiare per poter alla fine salvare uno dei suoi amici kiwi. Fortunatamente abbiamo delle armi con cui difenderci: inizialmente disponiamo di una scorta infinita di frecce, che è meglio di niente. Durante il gioco troveremo diversi bonus che possono trasformarle in bombe, laser o palle di fuoco rimbalzanti. Una delle peculiarità di questo gioco è la possibilità di guidare svariati mezzi volanti che spaziano da palloncini, dirigibili e UFO. Questo aiuta a morire di meno e rendono il gioco differente dai suoi simili in sala giochi. Tali veicoli possono essere trovati in giro o rubati a un nemico.
New Zealand Story, struttura dei livelli
I livelli che dobbiamo esplorare sono decisamente ampi. A differenza della maggior parte dei platform di quegli anni qui le schermate scorrono in tutte le direzioni, portandoci ad esplorare le zone per trovare l’uscita. Ma c’è di più ovviamente, con le partite si impara che il gioco ha molti segreti nascosti, come da tradizione Taito. Nell’angolo in basso a sinistra dello schermo, c’è una piccola mappa che mostra la nostra posizione e quella del suo amico da liberare, che logicamente corrisponde all’uscita del livello. L’enorme dimensione di questi livelli ci fa capire presto che i mezzi di trasporto sono essenziali per esplorare lo stage e raggiungere l’uscita. Fortunatamente la semplice collisione con i nemici non causa morte prematura.
Quattro zone con quattro round
Il gioco si sviluppa in quattro zone, ciascuna con quattro round, e nel quarto round troveremo un boss finale. Ma vi pare che tutto possa essere così banale? Certo che no: nel gioco sono presenti tonnellate di aree segrete e scorciatoie nascoste, accessibili tramite speciali portali. Pensate poi il genio perverso dei programmatori: in alcuni livelli se il giocatore perde la sua ultima vita verrà inviato in “Heaven”, un livello speciale: qui si può vedere un finale speciale o trovare la via segreta per uscire dal paradiso e continuare a giocare.
Logicamente, come da tradizione Taito, non si può stare li ad ammirare il paesaggio, visto che ogni fase ha un limite di tempo per raggiungere l’uscita. Se ci perdiamo e giriamo a vuoto verrà il momento del leggendario “Hurry Up!”. Se lasciamo passare ulteriore tempo arriverà un piccolo diavolo rosso, ovviamente immortale, che ci inseguirà finché non ci avrà uccisi. Molto Bubble Bobble, non trovate?
New Zealand Story, giocabilità
New Zealand Story è sorprendentemente difficile. I livelli si rivelano presto essere degli intricati labirinti, basta un colpo di un nemico ed una vita se ne va; gli specchi d’acqua presenti sono trappole letali se non attraversati rapidamente. Ma c’è un aspetto che ho sempre considerato folle, il chiaro sintomo che i programmatori odiavano l’intero genere umano: i nemici vengono generati in modo casuale. Non si può nemmeno memorizzare dove sono messi o da che parte arrivino, la loro apparizione cambia sempre. E ne arrivano tanti, il loro numero è enorme: ci si trova in un nonnulla a passare da essere in un corridoio vuoto ad avere improvvisamente lo schermo invaso di nemici.
Il gioco condivide diversi elementi con i precedenti giochi Taito: l’Hurry Up è uno di essi ma non dimentichiamoci che anche qui ci sono le lettere che compongono la parola “Extend”: si avanza di livello e si guadagna una vita.
Le conversioni di New Zealand Story
Dopo l’uscita del gioco arcade in quel bellissimo 1988 sono apparse conversioni per le console e i computer domestici dell’epoca. Nel 1989 arrivarono la maggior parte delle versioni casalinghe, ma alcune tardarono fino al 1992. Ocean Software ha curato le versioni per home computer, mentre Software Creations ha curato la versione NES, a sua volta pubblicata nelle regioni PAL da Ocean. In Nord America Taito pubblicò il gioco in versione NES col nome Kiwi Kraze. Il gioco ebbe un ottimo successo a 16 bit visto che era incluso nell’Amiga 500 Batman Pack, rilasciato nel settembre 1989, che vendette 2 milioni di unità.
Amiga
La conversione per il 16 bit di casa commodore era clamorosa: era la copia casalinga del coin op, perfetta in tutte le sue parti. Choice Software fu capace di creare uno dei porting più belli e perfetti dell’epoca, solo le versioni PcEngine e FmTowns erano superiori, anche se limitate al mercato Giapponese. Si confermò in definitiva un platform molto avanzato e complesso nascosto sotto una grafica definita da molti troppo “infantile”. Amiga Power classificò il gioco come il 19° miglior gioco di tutti i tempi e in generale prese su tutte le riviste dell’epoca voti alti e riconoscimenti di ogni genere.
C64
Anche per il biscottone abbiamo tra le mani un gioco realizzato con cura, anche se a livello grafico si poteva osare di più. Ad esempio lo sprite principale, complice la semplicità intrinseca del personaggio, poteva essere reso identico al coin-op. Generalmente tutto il comparto grafico avrebbe potuto essere migliore, per il resto il gioco c’è quasi interamente: livelli, nemici, schermi bonus e livelli segreti erano quasi tutti presenti. Il gameplay era leggermente più legnoso rispetto alla versione originale, cosa che lo rendeva, se possibile, più difficile. Per quegli anni un gioco che fu ben accolto ma che rivela, giocandoci, dei limiti che potevano essere evitati. Soprattutto bisognava giocarci con l’audio a zero visto che la musichetta del gioco, di suo molto semplice, fu trasformata in una lagna che fa scappare i timpani fuori dalle orecchie.
FM Towns & X68000
La qualità media delle conversioni di New Zealand Story furono molto buone, con dei picchi di perfezione assoluta come nel caso di queste versioni per i sistemi giapponesi FM Towns e Sharp X68000. Come spesso accadeva su queste macchine fenomenali avevamo davanti conversioni arcade perfette. Purtroppo la lori diffusione era limitata esclusivamente al mercato giapponese poiché entrambi i computer erano disponibili solo lì. Oggi fortunatamente possiamo goderne grazie all’emulazione: caricare ed emulare l’originale da sala è sempre il meglio ma queste conversioni sono almeno da vedere per rendersi conto di cosa voglia dire la parola perfezione.
Mega Drive
La versione Sega Mega Drive fu rilasciata solo in Giappone, si poteva trovare in qualche negozio specializzato in console con reparto nuovo ed usato. La particolarità di questa versione era quella di avere i livelli basati sulla versione prototipo del gioco arcade. L’edizione Mega Drive presenta, di fatto, alcuni livelli abbastanza diversi dalla sala giochi. Soprattutto, se possibile, è molto più difficile: i progressi sono ostacolati da alcuni nemici particolarmente aggressivi, più di quelli già rognosi dell’originale. Sull’onda delle ottime recensioni del periodo la rivista Mega ha messo il gioco al numero 40 nella classifica dei migliori giochi Mega Drive di tutti i tempi.
PC-Engine
La versione per la stupenda console nipponica è, per quello che c’è, praticamente perfetta. Si, perché come da tradizione alcuni dettagli dell’originale furono tagliati via per rendere al meglio il resto del gioco. Manca perciò tutta l’introduzione, vengono semplificati alcuni sfondi e qualche animazione dei nemici.
ZX Spectrum
La conversione ZX Spectrum, pubblicata da Ocean nel 1989, ha ottenuto un successo planetario. Le riviste dedicate lo elevarono a status di capolavoro: CRASH valutò il gioco 91%, Your Sinclair 93%, e Sinclair User 82%. Non solo i voti ma anche le critiche furono tutte dalla sua parte: Your Sinclair ha lodato il display monocromatico per avere un gioco più fluido. CRASH lodò l’accuratezza della grafica e dell’animazione del personaggio: venne descritto come “un capolavoro di conversione arcade”. Il gameplay è “avvincente”, con varietà di armi e i mezzi volanti come punti forti del gioco. A novembre di quell’anno, The New Zealand Story era il numero 2 nella classifica dei giochi a prezzo pieno per ZX.
Conversioni recenti e suoi remake
Il remake per la console Nintendo DS ha ricevuto un’accoglienza critica nella media. IGN ha assegnato un punteggio “mediocre” di 5,9, mentre Eurogamer ha dato 6/10. Le recensioni più approfondite hanno lodato il gameplay, mantenuto fortunatamente retrò, impegnativo e divertente. Gli aspetti creati ad hoc per la piattaforma non soddisfano, vengono definiti mal implementati.
Il pacchetto Taito Legends include una versione emulata della versione arcade originale di The New Zealand Story. E’ possibile giocarci su Xbox, PlayStation 2 ,PsP e PC. Il 14 ottobre 2008, per il mercato nipponico, fu rilasciata la versione PC-Engine per la console virtuale Wii.
Riflessioni del Biker
New Zealand Story fa parte della fantastica età dell’oro per Taito. I monitor dei cabinati hanno illuminato le nostre giornate e sale giochi degli anni ’80. Lo hanno fatto proiettando giochi accattivanti e platform innovativi come il seminale Elevator Action, per poi passare alla magica accoppiata Bubble Bobble e Rainbow Islands. Non c’era sala giochi che non avesse un platform Taito al suo interno e state certi che raramente il cabinato era senza qualcuno che ci giocasse. Questo kiwi giallo arancio è stato per me il gioco di quell’estate 1988. Ce ne erano tanti, tutti belli, ma quell’anno vinse lui. C’era molta passione per questo genere di videogames e alla fine New Zealand Story si rivelò un gioco intelligente, fantasioso e ricco di segreti da scoprire.
New Zealand Story era Taito in tutto e per tutto, lo si vedeva dai bonus, dalla geniale diavoleria di certi meccanismi di gioco. Ma al tempo stesso era diverso: i boss di fine area erano decisamente insoliti. Forse il più famoso è quello della prima area: una gigantesca balena che Tiki deve sconfiggere dall’interno. La ricordate? Era o non era il barone Von Blubbla?
Certi cameo sono i tocchi che trasformano un bel gioco in un capolavoro. Bella e strana anche la bambola robot e l’enorme polpo di pietra azzurra. Tutto è fatto per restare, Taito era maestra in questo. Probabilmente avevano progettato il gioco in modo da avere più segreti e trucchi da scoprire rispetto al più famoso Bubble Bobble, credo volessero alzare l’asticella. E in parte vi riuscirono, anche se il frustrante livello di difficoltà ha sicuramente scoraggiato moltissimi giocatori. Ma se si supera questo impervio scoglio si ha tra le mani un grande platform che va oltre al concetto classico del termine, un labirinto di ostacoli e azione pura con tocchi quasi da shoot em up.
Mic the biker vi saluta e vi da appuntamento al prossimo articolo, ora qualche consiglio per voi dal nostro blog.