Power Drift, l’ottovolante del C64
Ciao a tutti amici di CommodoreBlog , oggi saliamo tutti sull’ottovolante con Power Drift, strepitoso racing game di Sega in sala giochi e fulminante conversione per il biscottone. La DeLorean è pronta a partire, portatevi dietro i cerotti, vi serviranno.
Power Drift, la bestia che è dentro di noi
In quel 1989 ne abbiamo viste davvero di tutti i colori, anche se erano solo sedici su schermo. Nel nostro vivere quotidiano di sedicenni eravamo come schegge impazzite, sempre alla ricerca di qualcosa, di qualcuno. E anche nella vita “non reale” questo era onnipresente. In quell’anno tutto si muoveva velocemente, e nemmeno a dirlo, anche sul nostro amato commodore 64 fu un anno dove la velocità la fece da padrone. Quell’anno vide l’uscita di un trittico di giochi di guida a dir poco impressionante: prima Stunt car racer, con la sua dinamica di gioco così folle e particolare. Poi a dicembre arrivò il gioco di guida più impressionante per il piccolo otto bit, quel Turbo Out Run che fece impallidire tutte le altre conversioni. Due giochi superlativi, tecnicamente eccezionali. Due titoli che nel loro essere eccelsi avevano quel look in doppiopetto, quel quid di superiorità: pare quasi di vederne l’espressione, con il naso in su, il baffo curato e il monocolo da nobile. In mezzo ai due ci sta lui, Power Drift, il punk a bestia invitato ad una cena di gala.
Quando l’abito fa la differenza
Noi della Banda di Borgo San Paolo eravamo tutto fuorché raffinati. Gente cresciuta tra strada e oratorio, dove quest’ultimo non era un posto idilliaco come lo sono quelli moderni. Era un enorme calderone dove ci potevi trovare di tutto. Le popolari di Corso Racconigi li a fianco, un borgo operaio come riferimento. Perciò capite che c’era tutto tranne le buone maniere e il perbenismo. Noi all’oratorio ci eravamo fatti le ossa nel vero senso della parola: ogni giorno non poteva mancare la scazzottata, che veniva interrotta da Don Bosio, il quale interveniva con due colpi di manico di scopa ben assestati. Non c’erano innocenti o colpevoli, il manico sulle gambe, o sulla schiena, lo prendevamo tutti, perché alla fine nessuno era realmente senza macchia. Inconcepibile ai giorni d’oggi: giudici e avvocati si fregano le mani, dagli psicologi ci trovi la coda. Per noi queste due categorie erano solo delle cose che si vedevano nei film polizieschi dell’epoca. Impensabile arrivare a casa a dire ai genitori l’accaduto perché si rischiava di prendere il resto, o nel migliore dei casi un “La prossima volta vedi di farti furbo”. Quel Power Drift era la nostra trasposizione su schermo.
Power Drift, un arcade poco considerato
Quando si andava in giro per le sale giochi torinesi trovarci Power Drift non era una cosa scontata. Erano pochi i posti un cui si poteva trovare un cabinato: uno di questi era l’immancabile Play Time in piazza CLN, pieno centro di Torino. Ci avevo fatto qualche partita in sala ma non ci andavo molto lontano, avrei dovuto investirci qualche gettone in più per fare pratica. Ma il gioco a me piaceva molto, perché personalmente mi dava l’idea di essere una sorta di Out Run ibridato con Space Harrier, e io li adoravo entrambi. In effetti Power Drift usa anche esso il ridimensionamento degli sprite per dare una sensazione 3D, era tipico dei giochi Sega che dovevano dare il senso di velocità e profondità. Power Drift era però leggermente superiore: l’hardware aggiornato consente di ruotare i singoli sprite e lo sfondo, anche mentre vengono ridimensionati. Questo fa si che a livello dinamico il gioco sia decisamente migliore, soprattutto nel dare quella sensazione di “vuoto di stomaco” nei suoi sali scendi.
Benvenuto Ottovolante
Nel 1988, anno della sua uscita in sala giochi, Power Drift saltava decisamente all’occhio proprio per questo aspetto. Era difficile percorrere più di 30 secondi senza incontrare una salita o una discesa. Ma non sono avvallamenti o scollinamenti come si possono trovare in altri racing games. Qui abbiamo a che fare con salite folli, rampe che puntano il cielo, pezzi di circuito sopraelevati da togliere il fiato. A queste salite e discese ripide va aggiunta la possibilità di “cadere” da livelli più alti. Quando si aveva a che fare con il cabinato realistico c’era una piattaforma idraulica rialzata e la macchina si inclinava e scuoteva seguendo il percorso. Era un capolavoro questo cabinato, che in vita mia ho visto solo in una sala giochi, la Drago di Jesolo. Era esposto in bella vista di fianco al super cab di After Burner.
Power Drift, il gioco grezzo che mancava
Come premesso qualche paragrafo più in alto per noi Power Drift rappresentava il grezzone che si presenta al party più esclusivo della città. Non è snob ne patinato, arriva con un gilet di jeans senza maniche con una toppa sulla schiena, puzza di benzina e sudore e dopo aver bevuto champagne dalla bottiglia fa un rutto poderoso. Le auto in gara sono un incrocio tra dei kart e dei dragster, i personaggi in gioco sono altamente caratterizzati e tutti sono mediamente rozzi. E’ davvero una cosa particolare nonché divertente poter scegliere il proprio pilota e prepararsi a fare sportellate con gli avversari. Si, perché in Power Drift giocare sporco e mandare a quel paese gli altri partecipanti era un must.
Il Commodore 64 vince di nuovo
La versione per il biscottone è da capogiro. Zzap! gli diede un 95% che ci fece partire in men che non si dica alla ricerca del gioco tramite i nostri canali urbani, cosa che finì in tempo zero. Infatti un sabato mattina, recatomi dal mio edicolante di Corso Peschiera, vidi una rivista con cassetta che aveva come copertina l’immagine in game di Power Drift. La presi e ne guardai i titoli, ma non trovai il suo nome. Era un rischio che decisi di correre: tirai fuori dalla tasca un deca e mi portai a casa il tutto. Iniziai a vedere i giochi uno dopo l’altro e mentre pensavo di avere preso il bidone ecco imbattermi in un gioco chiamato “Skid”. Era lui!
Un solo caricamento per Power Drift
Credevo di trovarmi di fronte ad una versione ridotta del gioco, era troppo veloce quel caricamento. Ma io ci giocavo e lui proseguiva: erano presenti tutti 25 i quadri! Il motivo di questo piccolo miracolo è presto detto e risponde la nome di Chris Butler. Chi viveva di pane e computer all’epoca ha capito che sto parlando di un piccolo grande genio della programmazione, divenuto famoso perché riusciva a far entrare arcade da bar dentro un singolo file e fare anche un ottimo lavoro. Butler era piuttosto contrario al multiload, tecnica che soprattutto su cassetta rendeva il gioco davvero frammentario. Le sue conversioni spesso dovevano scendere a dei compromessi per poter rimanere su un singolo file di gioco. Forse il più famoso resta Ghost n Goblins, immortale conversione che fece sognare una generazione intera ma alla quale mancano due livelli di gioco.
Power Drift, che ignoranza sia!
Power Drift non sfugge alla regola di Butler. Insieme ad Acrivision fecero il “miracolo” portando tutte le caratteristiche originali sul Commodore 64 con un solo caricamento. Questa scelta aveva portato alcune limitazioni, soprattutto a livello grafico. Non abbiamo l’eleganza di Turbo Out Run, la grafica dei fondali risente di una certa ripetizione degli elementi grafici e di mancanza di varietà. Il pilota può essere scelto tra i 12 disponibili e, dicevamo, i quadri ci sono tutti. Ogni circuito, etichettato da “A” a “E” ha un determinato tema ed è diviso a sua volta in 5 tappe. Ogni corsa consta di 4 giri durante i quali capita di tutto e dove ogni curva può essere una trappola. Bisogna classificarci nei primi tre per proseguire nelle corse. Il tutto accompagnato da una bellissima musica ad opera del grande DAVE LOWE. Tutto questo è impressionante visto che è tutto in un solo caricamento.
Scendere a patti con l’unico caricamento
Come accennato prima il dettaglio grafico non poteva essere migliore e spesso le sopraelevate hanno l’aspetto di grigie lingue d’asfalto che si dipanano verso il cielo.
I fondali erano ottimi in quanto a velocità di scorrimento, meno come dettaglio. Non ci sono sound Fx, la canzone che ci accompagna è bellissima ma è l’unica, corrispondente alla canzone Street Side Course A del coin op. Anche la difficoltà di gioco non è ben bilanciata, le prime gare sono estremamente semplici e un poca di sfida si ha nelle ultime gare di ogni circuito. Ma erano dettagli che eravamo ben disposti a sopportare per avere un gioco che si caricava in un nulla e che regalava ore di divertimento senza interruzione.
Riflessioni del Biker
Power Drift era il gioco di guida che ci mancava, il fratello pestifero, l’amico rumoroso che sistematicamente ti faceva fare figure atroci ma che alla fine non potevi starci senza. Ricordo che quel gioco in cassetta tarocco dal caricamento rapido lo feci diventare uno di quelli da tre secondi grazie alla cartuccia Captain Miky II presa dall’onnipresente Marchisio di Via Pollenzo.
Power Drift era come noi, era maleducato e sgraziato ma dannatamente divertente. In quel 1989 pregno di grandi giochi di corse lui faceva la parte del duro e a noi piaceva. Era uno spettacolo sfrecciare a rotta di collo su quelle salite che non vedevi la fine e trovarti una curva a gomito subito dopo, così come era incredibile la sensazione di vuoto di stomaco che dava quando ci si lanciava giù da una discesa. Non era un coin op perfetto e nella sua bellezza la conversione si porta dietro le imperfezioni dell’originale. Nella sua sfacciata semplicità era schietto come un dito medio stampato in mezzo agli occhi, proprio quel dito medio che veniva esposto ad ogni sorpasso. E si sa, certe cose restano.
Ora vi saluto cari lettori, Mic the Biker vi da appuntamento al prossimo viaggio! Vi lascio qualche consiglio da leggere, a presto!