Mafia, malavita e Videogames
Ciao a tutti amici di commodoreblog.com, qui il vostro Mic the Biker che oggi si cimenterà in una bella chiacchierata sul discorso di come malavita e mafia siano spesso protagoniste dei nostri videogames. Prima di tutto andiamo al frigo, prendiamoci una bella birra e sediamoci: le chiacchierate migliori tra amici escono sempre fuori in questo modo.
Mafia nel nuovo medium
Innanzitutto come mai intendo scrivere di cotale argomento? Vi racconto l’antefatto. Noi di Commodoreblog punto com siamo venuti in contatto con Luca Federici, brillantissimo ragazzo ventottenne di Urbino. Egli ha scritto un libro intitolato “Mafia e mafie: Cosa nostra e la dote vincente”. E nella sua brillantezza Luca è anche un grandissimo appassionato di videogiochi! Nel suo libro ha dedicato all’argomento un capitolo di oltre sessanta pagine chiamato “La mafia nel nuovo medium: il videogame”. Leggerlo è stato davvero un’esperienza che mi ha fatto vedere questo discorso da altri punti di vista che prima non avevo preso in considerazione. Allora partiamo per questo viaggio, lo facciamo alla mia maniera, mettendo in ballo emozioni ed esperienze, cuore e sentimento.
Ricordi di un era passata (ma sempre attuale)
Sono un gamer di vecchia generazione, nato a inizio anni 70. Come si dice in questi casi, ho visto nascere (quasi) ed evolversi il mondo dei videogiochi a 360 gradi. Dalla culla delle sale giochi, ambienti unici e irripetibili, fino al loro arrivo sulle piattaforme domestiche. Che fossero esse primitive console o i primi home computer le ho vissute entrambe. Il mio maestro è stato il Commodore 64, lui più di tutte le macchine possedute in seguito. Il cambiamento del mondo videoludico nei decenni è stato davvero incredibile. La mafia non c’è da qualche anno, è un fenomeno radicato da molto, molto tempo. Ma i videogames di una volta avevano altri protagonisti, il videogioco era un mondo parallelo nettamente distaccato dal mondo reale.
I videogiochi di un tempo
Uno dei main themes era la fantascienza. Non si contavano più i giochi a tema futuristico. Si andava dagli shoot em up con astronavi armate fino ai denti ai giochi d’azione ambientati in altri pianeti. Ci si calava nei panni del più impavido pilota di astronavi e si partiva per missioni apparentemente suicide per ripulire il cosmo da invasori alieni. Non da meno erano i platform, giochi che mescolavano azione a strategia. La loro ambientazione era tra le più disparate. Si passava dai schermi fissi ad ampie zone con scrolling multidirezionale, da location puramente fantasy ad altre ispirate a temi futuristici. Nei platform vestivamo i panni più bizzarri: dai draghi sputa bolle a bimbi ciciottini spara arcobaleni. Il tutto passando da Popeye a Mario, da cavalieri in armatura a uomini del futuro con il braccio bionico.
Primi incontri con la malavita
I primi incontri videoludici con la malavita si ebbero nei picchiaduro, anche se eravamo dalla parte dei buoni. Non avevamo a che fare con la mafia nel suo contesto più puro ma le gangs le bande spesso di collegavano poi ad essa. Il primo gioco di cui ho memoria in cui ho menato le mani contro bande malavitose fu Renegade. Non l’arcade ma quello per Commodore 64, gioco che ho letteralmente adorato. Nelle mie prime scorribande in sala giochi feci poi la conoscenza di Double Dragon. Qui il concetto di malavita è reso molto meglio. Le location e i nemici hanno quel sapore di mafia a stelle e strisce tipiche dei film anni ottanta. Sulla sua scia del capolavoro della Technos ecco arrivare Target Renegade sul biscottone. Un gioco pazzesco che segue la dinamica della violenza da strada “noi contro tutti”.
L’evoluzione col seminale “Deja Vu”
La prima evoluzione sul tema si ebbe col seminale “Deja vu”, sontuosa avventura grafica per commodore 64 datata 1986. Gli eventi si svolgono a Chicago nel dicembre 1941. Siamo nei panni di un ex pugile che ora fa l’investigatore privato: un giorno si ritrova nei bagni di un locale senza ricordare nulla. C’è un omicidio di mezzo e noi siamo accusati di esso. Le situazioni che si andranno ad incontrare prevedono elementi di investigazione, mentre altre si risolvono con la forza. Si avranno numerosi incontri proseguendo nel gioco, durante il quale si deve evitare di essere arrestati. Nel frattempo si devono raccogliere indizi per ricostruire il misterioso accaduto. Il modus operandi è trovare degli indirizzi ed effettuare degli spostamenti in taxi. Importante passare sovente in ufficio per raccogliere più elementi e svelare la storia. Si possono comprare oggetti durante la partita, usando il denaro che si può vincere nelle sale da gioco. Il tempo non ci sarà amico purtroppo, visto che esso corre veloce e allo scadere dello stesso la nostra avventura non finirà bene.
Passare dall’altra parte della barricata
Come possiamo facilmente notare tutti questi giochi, anche se di tipologia differente, hanno un denominatore comune: noi siamo dalla parte dei “buoni”. Soltanto nel periodo recente si ha avuto la possibilità di cimentarsi dall’altra parte della barricata. Del resto fare il “cattivo” senza il timore di subirne le legali conseguenze è una situazione che elettrizza un po’ tutti quanti. Ed è qui che partiamo nel nostro viaggio, un viaggio che ci porterà ad una assunzione superiore del concetto di videogioco.
Mafia, dalla letteratura al cinema
Il capitolo in questione si apre con una frase che nella sua semplicità riassume il concetto di fondo: “«Mafia»: parola pesante, opprimente, lugubre. Per taluni financo affascinante”. Sia chiaro, il nostro Luca Federici non ha scritto un libro che innalza le lodi a questa “siffatta consorteria delittuosa dapprima esclusivamente sicula”, ma mette in luce semplicemente come “L’appeal comunicazionale di una di per sé intrinsecamente già così ammaliante fenomenologia sociale, per quanto criminale, non poteva che stimolare gli artisti della narrazione(…)”. Sono a mio avviso doverose queste iniziali premesse per inserirci al meglio nel contesto del capitolo preso in considerazione. Gli esempi più lampanti, e forse più conosciuti a livello mondiale sono, come citato nel libro, Il Padrino e Il Gattopardo, giustamente definiti “cospicui capolavori letterari e del cinema mondiale”.
Mafia, la comunicazione tramite i videogames
La lettura di questo capitolo prosegue e inizia a prendere una forma ben definita. L’autore scrive in maniera ineccepibile, usando un linguaggio ad onor di cronaca non per tutti. Ma diamine, è l’italiano, questa lingua ormai semi demolita e verbalmente sconosciuta a troppi. La parentesi introduttiva è quasi al giunta al termine con la giustissima affermazione che “Lo scrivente ritiene che la censura e l’autocensura non siano la soluzione”. Ma ci esorta ad andare oltre, “facendosi portatori di una responsabilità anche, se vogliamo dire, educazionale”. Qui fa la sua entrata in scena il nostro mondo amici lettori. E lo fa in grande stile, venendo descritto come “L’ultimo medium nonché prossima ventura riconosciuta arte espressiva, qual è il videogame, come mezzo comunicazionale massimo”. Il videogioco viene inteso non solo come mezzo di divertimento ma come mezzo di comunicazione visto che “il consumatore, essendo il videogiocatore, non si limita nel fruire passivamente le rappresentazioni sciorinate a schermo, ma le compie, essendo egli stesso il protagonista”.
Rockstar Games e GTA
Uno dei palcoscenici più famosi dove noi players siamo protagonisti è una nostra vecchia conoscenza: “Non si può non citare per impatto massmediatico, culturale e commerciale il fenomeno di Rockstar Games impersonato da Grand Theft Auto (GTA)”. Giusto Luca, hai perfettamente ragione! Tutto ebbe inizio nel 1997, quando nacque il gioco in cui interpretiamo un criminale che deve completare missioni quali rapine, omicidi, ed altri crimini. Queste missioni sono assegnate da vari “boss” per telefono. Ma l’autore giustamente sposta in alto l’asticella specificando che il botto si ebbe “dall’avvento della terza dimensione (Grand Theft Auto III, 2001) e in particolare citando il V capitolo della saga che (…) ha rappresentato il più grande successo finanziario dell’industry intrattenente”. I numeri snocciolati sono impressionanti. Oltre 135 milioni di copie di sellout (Gamesindustry.biz) portano GTA V a essere il terzo videogame più venduto in assoluto, dietro solo Minecraft e Tetris. Ma il titolo di Rockstar Games è preso solo come esempio, perchè come cita l’autore “Quasi mai è finemente descritta la mafia in quanto tale”. In GTA effettivamente è presente “Una forma di criminalità al più approssimabile con l’associazione a delinquere, o meglio, a una forma di gangsterismo tipicamente statunitense”.
Il videogame non esiste e se esiste è per bambini.
Questo è il titolo di un paragrafo del lungo capitolo in questione ed è un concetto distorto che la maggior parte della gente ha dei videogames. Certo, i videogiochi sono nati per far divertire e per regalare all’utente attimi di svago. Ma con il passare degli anni abbiamo visto come alcuni titoli abbiano acquisito uno spessore tale da divenire praticamente narrativi. Questo è quello che pensa anche Luca quando scrive che “La scorsa decade ha concepito perle inestimabili di fattura emozionale, narrativa”. Ma l’autore si spinge, con grande visione d’insieme, più avanti. Egli infatti scrive che “Gli anni Venti del XXI secolo nel III millennio (…) debbano essere quelli della definitiva emancipazione”. Viene così esortato il “Salto a una realtà produttiva in grado di volere, di inspessire, di condizionare, di condurre e di ispirare, con i suoi prodotti, altri saperi, (… ) nobilitandosi pertanto ben più che a mero passatempo”. Un esempio c’è già e lo si scopre proseguendo nella lettura: This War of Mine. Questo titolo, presso il Ministero dell’istruzione polacco, viene inserito nella lista delle letture consigliate per gli studenti maggiorenni delle scuole superiori. Ecco a voi Il primo videogame ad essere adottato come “libro di testo” scolastico.
Spiegare la Mafia attraverso i videogames
Si può perciò spiegare e far capire cosa sia la Mafia utilizzando i videogames? Si, dopo aver letto il lungo capitolo, ora lo penso anche io. Mi sono rimesso nei panni dello studente che fui e mi sono reso conto immediatamente di come un tema ai tempi considerato “palloso” sarebbe d’incanto diventato interessante. E’ così amici lettori, date ad una qualsiasi persona qualcosa da imparare utilizzando una modalità più congeniale alla medesima e vedrete che la imparerà presto e bene. Un esempio lampante per il sottoscritto fu “La ballata del vecchio marinaio” di Coleridge, da me studiata e successivamente esposta in lingua inglese. Il tutto fu letteralmente esaltante perchè avevo a che fare con la ballata che ispirò i miei amati Iron Maiden nella stesura della loro canzone “The rime of the ancient mariner”. E fu grazie alla canzone che leggere e imparare quel testo fu immensamente divertente. Ma torniamo a noi e alla nostra chiacchierata che altrimenti poi mi esalto troppo!
Mafia: The City of Lost Heaven
A livello videoludico “Il brand di Mafia nasce come singolo videogioco dal nome Mafia: The City of Lost Heaven”. Ci troviamo a che fare con un gioco “alla vecchia maniera”, ovvero offline, con visuale in terza persona e ambientato in un una città totalmente esplorabile, dove è possibile interagire coi veicoli presenti. La location in questione è Lost Heaven, un mix tra Chicago e New York “in uno scenario letteralmente depresso com’erano gli Stati Uniti d’America degli anni ‘30”. Il contesto storico è ideale per la nascita e la crescita della Mafia d’oltreoceano, il periodo della più grande crisi economica se si escludono le guerre. Il gioco uscì nel lontano 2002, fu molto ben accolto dalla critica, anche se negli anni le riviste specializzate sancirono la serie GTA come “migliore”. Luca a questo punto fa una domanda, si chiede “Cos’è allora che rimane di Mafia oltre la nostalgia?”. La risposta la si ha solamente giocandoci perchè “La storia ben descrive importanti dinamiche di mafia, della sua cultura”. Scendendo nel dettaglio vediamo che il gioco dipinge magistralmente la storia “Di un uomo, di una realtà e di un sistema che seduce, che usa e che coccola per poi eliminarti”. L’autore taglia corto, asserisce senza il minimo tentennamento che “L’originale Mafia: The City of Lost Heaven (…) e il suo remake (…) uscito nell’autunno del 2020 con il nome Mafia: Definitive Edition, risultano essere i videogiochi sulla mafiosità tematicamente più importanti mai prodotti nella storia dei medium”.
Mafia, il videogame e la censura
Su questo spinoso argomento sono d’accordo con Luca nel pensare che la censura sia totalmente inutile in questo contesto. E’ una pratica a mio avviso medievale, quasi da inquisizione: censurare, nascondere qualcosa di considerato “scomodo” non lo fa sparire magicamente nel nulla. Ma il problema qui in Italia è che “Può fare specie (video)giocare a un videogame sulla mafia, di mafia, immergendosi nella mafia”. Nel capitolo lo scrittore lo pone come una domanda (forse retorica) visto che “Mafia II, dieci anni or sono, venne a trovarsi oggetto dell’interrogazione parlamentare dell’onorevole Sonia Alfano”. Il motivo era abbastanza lampante, nonché di parte: “Da orfana di padre brutalmente assassinato l’8 gennaio del 1993 per mano di sicari di Cosa (…) la già eurodeputata chiese il ban del titolo”. Questo fa capire subito “Quanto il medium non sia capito”. Lo scrittore precisa che “Dalle dichiarazioni allora rese a Bloomberg (…) emerse il dolore dell’euro-onorevole per le scorribande sovente percorse dal giocatore a cuor leggero”. Beh, niente male far passare noi videogiocatori come una sottospecie decerebrata, “ma che, chi cala il joypad, sa essere connaturate in re ipsa nelle dinamiche, nel gunplay e nel gameplay della videoludica”.
Mafia, portatore di un messaggio
Ecco che la domanda diviene tagliente: “Può mai sussistere un qualsivoglia ritiro, un benché minimo ban e una surrettizia forma di censura come soluzione del problema?”. Assolutamente No. Questo perché “La saga Mafia e su tutti il primo capitolo (originale o rieditato) si fa portatore di un messaggio valoriale altro e, permettetelo, più alto”. Al netto di diatribe politiche e ire dei players la missione è compiuta, visto che il gioco “Riesce (…) nell’improba impresa di descrivere una cultura sociale non sideralmente distante dalla prima pubblicazione sul tema del 1877 firmata da Leopoldo Franchetti”. Purtroppo la classe politica restava miope e retrograda verso il mondo dei videogames: nel 2007 l’allora ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni bloccò l’uscita di Manhunt 2 e fece ritirare dai negozi migliaia di copie di Resident Evil.
Il medioevo nel XXI secolo
Le parole proferite all’epoca sono da medioevo: “Teniamo in considerazione il fatto che mentre noi ci impegniamo a educare i ragazzi al rispetto delle regole e degli altri, esce un videogioco con un messaggio contrastante, che rischia di vanificare i nostri sforzi […]. Dobbiamo fare in modo che il videogioco che spiega come essere super-bulli a scuola non diventi il regalo preferito del prossimo Natale”. Per meglio illustrare a voi tutti il livello medio basso degli organi competenti riporto qui a seguito uno stralcio del capitolo: “Nel 2008 il Codacons depositò un esposto presso tutte le Procure della Repubblica esistenti in Italia (ben 104) contro GTA IV per istigazione a delinquere. Nel 2018 il già ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda tuonerà su Twitter che i «Giochi elettronici [sono] una delle cause dell’incapacità di leggere, giocare e sviluppare il ragionamento». Nel 2020 l’onorevole Carmelo Miceli, membro della Commissione Antimafia, promuoverà un’interrogazione parlamentare contro Mafia City quale «Subdolo strumento di propaganda mafiosa e di istigazione alle pratiche delinquenziali».
Mafia, una prospettiva istruttiva
Come tutti ben sappiamo esiste una classificazione regolamentata per la fruizione dei videogiochi, esattamente come i bollini colorati per i film e i leggendari avvisi “Explicit Lyrics” sui cd musicali. Si tratta del PEGI (Pan European Game Information) e la trilogia Mafia può essere videogiocata solo da un pubblico adulto (+18). Luca fa a questo punto una distinzione piuttosto netta tra i tre titoli: “L’unico a spiccare di luce propria per questa prospettiva anche istruttiva, è il primo capitolo, al netto di alcune eccezioni per il già ben accolto secondogenito”. L’autore inizia ora una ricca e accurata disamina dei tre giochi partendo dal terzo capitolo della saga, passando poi al secondo e come gran finale il primo e immancabile gioco. Lo scrittore specifica giustamente che “Da qui seguono spoiler integrali su tutti capitoli di Mafia rilasciati nell’ultimo ventennio: la lettura è pertanto consigliata esclusivamente a chi ha ultimato i videogiochi o a chi è indifferente nello scoprire parti anche salienti delle storie ivi trattate”.
Vedere e giocare Mafia in una maniera più profonda
L’analisi alle trame dei tre giochi è qualcosa di veramente incredibile, chi li ha giocati e apprezzati potrà vederli ora sotto un’ottica differente, più profonda e matura. Inutile dire che la prima cosa che viene spontaneo fare è riprendere in mano i primi due capitoli della saga e rigiocarli, assaporando la storia in una maniera più immersiva, dalla quale trarre profondi insegnamenti. Cose che probabilmente molti di noi, a leggerli su un libro magari dalle sfumature marcatamente politiche, troverebbero la storia prolissa, stucchevole e noiosa. Ma vivere, se mi permettete il termine, questa storia immedesimandosi in un personaggio e sapendone cogliere le dovute sfumature nonché i giusti insegnamenti rende il tutto un’esperienza edificante.
Il videogioco come insegnamento
Luca Federici,e nel suo scrivere, conferma questa mia sensazione e la cosa mi gratifica: significa che ho io per primo ho imparato qualcosa di veramente importante. Egli infatti spiega in poche righe il perché ha voluto scrivere cotale capitolo: “Dopo gli incontri sulla legalità realizzati nelle scuole, lo scrivente si convinse ancor più di come e di quanto i mezzi tradizionalmente impiegati per parlare ai giovanissimi su queste tematiche fossero vetusti e semplicemente da loro non utilizzati”. Ecco la rivincita del nostro mondo, troppo spesso considerato effimero e superficiale, quasi sempre incolpato di dare cattivi insegnamenti ai giovani. “Proprio quest’esigenza di narrare alle nuove generazioni su un tema imprescindibile com’è la lotta alla mafia e alla di sua cultura, si è reputato necessario impiegare anche il linguaggio della videoludica. Riconoscendo al medium la dignità che gli appartiene”. Concetto da scolpire su pietra, rinforzato dalle parole dello psichiatra e psicoterapeuta F.Tonioni: “I videogiochi possono essere anche un metodo formidabile di apprendimento per la didattica scolastica del futuro, che è completamente non sincronizzata con il profilo cognitivo dei nostri figli. Questo non ci deve spaventare, perché è un’evoluzione e non un problema”.
Conclusione
Siamo giunti alla fine di questa chiacchierata cari lettori, e come finale sento il dovere di riportarvi un pensiero che Luca scrive a fine capitolo. “Mafia è il videogioco sull’associazionismo mafioso unico e insuperato, quello che oltre l’intrattenimento permette di riflettere su di una cultura marcia oggi ritenuta, a torto, non così attuale e quindi distinta e distante da noi. Mafia è quella gemma, magari anche grezza, che rispecchia lo stato dell’arte del medium e ne fa intuire le potenzialità. Anche di educazione”.
Volevo infine ringraziare Luca Federici per avermi dato la possibilità di fruire di questo suo capitolo e di aver accettato, con sommo entusiasmo, l’idea di questo articolo. Non capita tutti i giorni di poter leggere oltre sessanta pagine e di essere ipnotizzato dalla loro bellezza e ricchezza di contenuti. Vi allego il LINK per chi fosse interessato all’acquisto del libro, merita assolutamente!
Con questo è tutto amici, Mic the Biker vi saluta e vi da appuntamento al prossimo articolo. Ora qualche novità direttamente dal nostro blog.