Fire and Ice per Amiga

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Buongiorno amici di commodoreblog.com, oggi Mic the Biker vi porterà alla (ri)scoperta di un bel platform a 16 bit, ovvero Fire and Ice. Allacciate le cinture, si parte.

Fire and ice, I platform di una volta

Il mondo videoludico di un tempo, quando ancora si contavano i bit, era un cosmo in continua evoluzione, un universo in costante espansione. Molto più di oggi anche nei videogames c’erano i periodi delle “mode” e questo non risparmiò nemmeno i platform games. Di per sé è un genere piuttosto trasversale, poteva contaminare ed essere contaminato con elementi shoot em up o con enigmi vari da risolvere ma la base restava quelle piattaforme su cui saltare e la dinamica a schermata fissa o a scorrimento.
I platform erano sempre abbastanza presenti sul mercato, sia esso Arcade che Home, ma per un pò di anni fu davvero un genere di dominio.

I platform e Amiga

L’Amiga conta diversi platform davvero molto divertenti e ben riusciti, come la conversione Rodland di cui abbiamo parlato  QUI , e come Fire and Ice, gioco che andiamo a vedere adesso. In questo ottimo platform facciamo la conoscenza di Cool il Coyote, ovvero il protagonista del gioco. Fire and Ice esce sul mercato nel 1992 ad opera della Renegade ma la sua creazione è ad opera dei maghi della Graftgold. Parliamo di una delle maggiori e più famose case di sviluppo di videogames a partire dall’alba degli 8 bit.

La Graftgold, la storia

Graftgold nasce nel 1983 grazie a quel genio di Steve Turner, che decise di lasciare il suo lavoro di programmatore commerciale per concentrarsi sulla produzione di giochi per computer. Chiamò al suo fianco un amico, tal Andrew Braybrook, affinchè lavorasse per lui. Graftgold capì subito dove tirava la corrente e rivolse la propria attenzione ai mercati di Commodore 64 e ZX Spectrum. Gran parte del successo iniziale di Graftgold è dovuto alla collaborazione con Hewson Consultants, che vide la produzione di capolavori assoluti come Paradroid, Uridium e Quazatron. Verso la fine degli anni ’80 firmarono un accordo editoriale con Telecomsoft e in questi anni il loro titolo di maggior successo fu la conversione di Flying Shark.

I passi nel mondo 16 bit

Nel 1989 Telecomsoft fu venduta a Microprose, un vero colosso del mercato e così la loro acclamata conversione di Rainbow Islands venne rilasciata da Ocean Software. Ecco che la Graftgold si incammina nel territorio dei giochi a 16 bit, inizialmente non senza difficoltà. Il mercato era in un periodo di transizione epocale e, grazie allo sviluppo alcuni anni prima del gioco Off Road Racer, Virgin Interactive decise di dare un futuro a questa software house offrendo loro un contratto. Nello stesso periodo in cui stavano sviluppando giochi a marchio Sega per Virgin, Graftgold strinse un accordo editoriale con Renegade: l’esperienza aveva insegnato loro che un modo per sopravvivere nel settore era stringere accordi con più editori. Renegade pubblicò così il gioco platform Fire and Ice, che venne acclamato dalla critica.

Fire and Ice, la firma di Braybrook

Proprio quel fenomeno di Andrew Braybrook si occupò del platform in questione. Una garanzia, visto che lo stesso fu eletto nel 1986 miglior programmatore dell’anno ai Golden Joystick Awards. Ed eccoci qui ad impersonare Cool il Coyote in questo coloratissimo platform. La nostra missione ci vedrà attraversare le pianure di sette aree climaticamente diverse, partendo dalle gelide lande del nord. Questo per rintracciare un mago pazzoide e amante del fuoco fuoco noto come Suten, il quale risiede nel luogo più caldo di tutti. No cari lettori, non parlo né dell’inferno e ne della pianura padana a luglio ma dell’Egitto!

Sonic aveva tracciato la via

Non lo nego cari lettori, appena caricai il gioco la prima volta ho subito pensato di trovarmi di fronte ad una specie di Sonic Bootleg. Cromaticamente Cool ha molto del porcospino di casa Sega e anche il primo livello, per come è articolato, pare una versione invernale di quello di Sonic, con le sue salite e discese. Beh alla fine Sonic, uscito un anno prima, ha messo il punto sul discorso dei platform e da li iniziò a scriverne la sua storia. Una storia alla quale, a posteriori, quasi tutti hanno attinto.
Era impossibile non trovare qualche elemento di Sonic nel platform di quegli anni e Fire and Ice non fa differenza. Diciamo che all’epoca non avevo il megadrive perciò potevo giocare al velocissimo e fulminante Sonic solo quando andavo a casa di Vincenzo, unico della nostra cricca ad averne uno: avere sul buon Amiga un platform che me lo ricordasse per me era come un sogno!

Fire and Ice, le sue dinamiche

In Fire and Ice abbiamo un obiettivo ben chiaro: trovare la porta di uscita e sbloccarla. Ok, che bisogna fare per aprire una porta? Ma certo, si deve cercare la chiave! Troppo facile a dirlo così e in effetti non è così banale la questione: la chiave è composta da più pezzi. Bisogna uccidere i nemici giusti per ricevere i pezzi che compongono la nostra chiave. L’unica arma in nostro possesso sono una miriade di cubetti di ghiaccio che quando colpiscono gli avversari li congela temporaneamente: una volta che essi sono ibernati si possono così distruggere. Durante il nostro peregrinare qua e la siamo accompagnati da una sorta di pincher tinta puffo che saltella tarantolato. La dinamica è un platform a scorrimento multidirezionale molto ben fatto con tanto di piccoli enigmi qua e la, nulla di diabolico, ma che ci permetteranno di creare, ad esempio, ponti di ghiaccio in posti ove sarebbe altresì impossibile procedere.

I livelli sono grandi, bisogna muoversi molto

I livelli sono abbastanza grossi e la serratura da aprire non è mai alla fine degli stessi: bisogna perciò girare, trovare i pezzi e poi tornare indietro fino alla serratura per accedere al livello successivo. I primi tre livelli sono tutti ambientati in un paesaggio freddo, con piattaforme ghiacciate e con nemici come pinguini, trichechi ed eschimesi. Dopodichè il nostro viaggio verso lidi caldi prosegue tra campagne collinose, un castello su un lago e un livello acquatico fantastico. L’effetto bolle ci fa sentire decisamente immersi, la resa è un capolavoro.
Abbiamo sempre presente dove siamo grazie alla rappresentazione sempre presente del mondo di gioco nella parte inferiore dello schermo che presenta alcuni effetti grafici stupendi di riflessi. Riemergiamo dalle acque per trovarci in una giungla azteca fino a giungere in una specie di tempio, dentro il quale la situazione si fa difficile e morire è la cosa più facile del mondo. La nostra strada verso la fine procede e ci troviamo in un livello di giardini pensili, i quali ci portano dritti in Egitto all’ultimo livello. Il finale è un tripudio di colori psichedelici, a mio avviso la parte meno riuscita di tutto il gioco.

Il lavoro dietro Fire and Ice

A livello di programmazione Andy Braybook fece un gran lavoro. In un’intervista ammise che prese ispirazione, per alcune dinamiche del gioco, dalla conversione di Rainbow Islands di Taito. Sebbene uscì anche per Acorn Archimedes, Atari ST, DOS e Sega Master System, Fire and Ice è stato il primo gioco di Braybrook ad essere progettato come un titolo Amiga. Quindi sfrutta tutte le capacità grafiche e audio più avanzate del sistema. Oddio per quelle audio si poteva fare qualcosa di meglio, dopo dieci minuti la canzoncina che si ripete senza sosta diviene snervante e gli effetti sonori sono molto “8 bit” come resa. Tutto è stato disegnato utilizzando i mappatori STOS Basic personalizzati, mentre l’animazione  fu creata con CyberPaint su un Atari ST.
La profondità viene data con un fondale che scrolla in parallasse sugli esterni, il quale ha quell’effetto tramonto davvero evocativo. Per CD32 fu fatto un bel lavoro migliorativo: i 16 colori del gioco passano a 256 e vengono aggiunti degli sfondi sontuosi e riccamente decorati. Uno che trovo assolutamente stupendo è quello che sembra della Fortezza della solitudine di Superman, una costruzione di ghiacci incredibile. Peccato averlo potuto vedere solo su un long play e mai nella realtà.

Considerazioni del Biker

In definitiva un platform che ci riporta in un’altra era, in un periodo videoludico dove la grafica era arte in movimento, dove i giochi erano mondi quanto più lontani alla realtà quotidiana. Un platform bello, colorato, impeccabile che ha nel suo unico difetto il fatto di essere da subito davvero difficile: se fosse stato più easy nei primi livelli sarebbe stato quasi perfetto. A livello globale fu comunque un successo: Il gioco venne recensito da The Games Machine con un bollino “Star Player” e un giudizio finale di ben 94%. Perciò, cari lettori, indossate una salopette e lanciatevi nell’avventura. Tornare indietro nel tempo è sempre il massimo, in barba alle next gen consoles! Mic the biker vi saluta e vi da appuntamento al prossimo articolo. Ora qualche consiglio per voi.

Michele Novarina

Mic, tre lettere come negli highscore di una volta. Appassionato di videogames dagli albori degli anni 80.

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