Pac Man, il giallo va sempre di moda
di Michele Novarina · Giugno 8, 2020
Ciao amici di commodoreblog.com, qui Mic the Biker che oggi si appresta a fare una chiacchierata a 360 gradi su Pac Man, forse il gioco che ha maggiormente rivoluzionato il mondo degli arcade e dei videogames in generale.
Pac Man, quarant’anni di glorie
Forte del suo recente ingresso nel mondo degli “anta”, questo titolo non molla un centimetro del suo fascino. Anzi, continua a camminare di fianco a noi nella strada che che chiamiamo vita. Pur non essendo io più un giovincello Pac Man lo ho vissuto piuttosto di rimbalzo. Nel 1980, anno della sua uscita, io avevo solo sette anni, le porte del paradiso arcade e videoludico erano ancora qualcosa di sconosciuto per me, avrei varcato la loro soglia un paio di anni dopo. Sono sincero, non so bene da che parte cominciare amici lettori: di questo gioco è stato scritto praticamente tutto perciò non sarà facile comporre qualcosa di intrigante. Vedremo la mia fida DeLorean dove mi porterà questa volta!
Anno 1980, arriva Pac Man
Pac Man è ideato da Tōru Iwatani e prodotto dalla Namco nel 1980 nella sua primigena incarnazione arcade. In occidente fu pubblicato in licenza dalla Midway Games. Facciamo un paio di passi indietro: il personaggio trae spunto dal carattere kuchi che significa bocca. Questa premessa è d’obbligo visto che per anni il signor Iwatani ha alimentato la leggenda che Pac-Man fosse ispirato alla pizza salvo poi ammettere la reale fonte di ispirazione nel 1986.
Il nome originale deriva dall’onomatopea giapponese pakupaku che rappresenta il movimento della bocca associato all’ingozzarsi. Questo gesto è fortemente radicato nella tradizione giapponese ed è ben visibile in molti manga, dove si vede il classico personaggio baffuto nell’atto di divorare alla velocità della luce una ciotola di riso con le bacchette.
Il cambio del nome
Il videogioco doveva essere distribuito in Occidente come Puck-Man, ma il titolo venne mutato in Pac-Man per la somiglianza con una parolaccia della lingua inglese. Effettivamente il passo da Puck Man a Fuck man è troppo breve per non essere fatto. Narra la leggenda che la modifica del nome è attribuita a un anonimo dirigente della Midway che da americano aveva notato subito la fraintendibilità del nome.
Pac Man, il gioco giusto al momento giusto
Da quell’idea nata quasi per caso e sviluppata in circa 18 mesi stava nascendo un gioco destinato a cambiare la storia e gli alti comandi della Midway dissero una frase che resterà nella storia: “Eravamo al posto giusto al momento giusto, col gioco giusto”. Se ci pensiamo i grandi successi sono nella quasi totalità dei casi frutto della somma di queste tre circostanze. A volte avere il gioco giusto tra le mani ma in un momento storico sbagliato non ha dato i frutti sperati e di esempi ne abbiamo a bizzeffe. E così, quasi per scherzo, il 22 maggio del 1980 vide la luce il primo Pac-Man.
Il team di sviluppo
Il team di sviluppatori era formato da otto tecnici, divisi equamente fra software e hardware e capeggiati da Shigeo Funaki e comprendeva anche il musicista Toshio Kai. Quest’ultimo firmò il simpatico jingle che è passato alla storia: fu la sua prima e unica colonna sonora per un videogame e questa musichetta lo ha reso più ricco e famoso dei restanti 30 anni passati a fare musica.
Pac Man e il suo successo
Nel novembre dello stesso anno Pac-Man viene presentato all’Amusement and Music Operators Association di Chicago. Qui venne definito “troppo carino per avere successo” da alcuni luminari del settore, i quali però non fecero i conti con noi, la gente comune. Infatti le teorie dell’AMOA furono smentite, perché il successo del videogame fu strepitoso: Namco piazzò, in soli sette anni,dal 1980 al 1987, più di 300 000 macchine da bar.
La dinamica di gioco
L’idea di gioco è quantomai semplice e diretta: Il giocatore deve guidare Pac-Man facendogli mangiare tutti i puntini disseminati all’interno di un labirinto. La sfida è farlo senza essere toccati da uno dei quattro fantasmini presenti, i quali faranno di tutto per renderci la vita complicata. Per facilitare la vita al giocatore sono presenti, sparse nel labirinto, quattro pillole speciali chiamate “power pills”. Prendere una di queste magiche palline rende vulnerabili i fantasmi, che diventano blu per 10 secondi esatti, ed invertono la loro marcia: da predatori si trasformano in prede. Ora i quattro cattivoni invece di cercare la pallina gialla la rifuggono e il nostro amico Pac Man può mangiarli. Una volta uccisi, però, questi tornano alla base sotto forma di un paio di occhi, per rigenerarsi ed essere di nuovo pronti ad attaccarci. Completato un labirinto Pac-Man passa a quello successivo.
Unico scopo fare punti
Il nostro scopo è quantomai elementare: procedere e fare punti. Ogni cosa che Pac-Man mangia si trasforma in punti, che ci permettono di avere una vita extra raggiunti 10000 punti. Le palline disseminate lungo il labirinto valgono 10 punti ognuna. In tutto il labirinto ce ne sono 240, per un totale di 2400 punti, mentre le power pill ne valgono 50 per un totale di 200 punti. Abbiamo accennato prima alla possibilità di ingurgitare anche i fantasmi: in tal caso si ottengono 200, 400, 800 e 1600 punti, per un totale di 3000 punti, fagocitando i fantasmi in sequenza. Esiste anche un’altro modo per aumentare i punti: in ogni livello, per ben due volte appare al centro del labirinto un oggetto, nella maggior parte dei casi rappresentante un frutto. Bisogna essere veloci a recuperarlo prima che scompaia, così da incrementare il proprio punteggio. I punti sono così suddivisi: Ciliegia 100 punti, Fragola 300, Arancia 500, Mela 700, Uva 1 000, Galaxian 2000 punti, Campana 3000 ed infine la Chiave 5000 punti.
Prima versione e il problema dell’intelligenza artificiale
La prima versione programmata di Pac Man soffriva di un grosso problema di intelligenza artificiale. Certo, per l’anno non veniva pretesa chissà quale routine da applicare ai quattro fantasmi ma ci fu un baco di programmazione, o forse non si era pensato in maniera approfondita a come gestirli. In pratica i quattro simpatici nemici seguivano una routine di poche righe che faceva loro fare sempre uno schema prefissato. Inizialmente non ci si fa quasi caso ma col passare delle partite la cosa diventa evidente. In pratica una volta memorizzato il percorso programmato dei fantasmi non risulta difficile evitarli, essi passeranno sempre negli stessi punti negli stessi momenti.
Il metodo “GET”
Tre persone studiarono così bene questo difetto di programmazione da ideare un metodo di gioco conosciuto come “metodo GET”. Il nome non ha alcun legame col verbo inglese, è semplicemente l’acronimo delle iniziali dei tre personaggi in questione: George Huang, Ed Bazo e Tom Fertado. In pratica era possibile completare ogni livello seguendo soltanto un percorso prestabilito. Era necessario solo impararlo bene a memoria e ripeterlo in maniera molto fluida senza mai sbagliare strada nel labirinto. Questo percorso studiato a tavolino, oltre ad evitare i fantasmi, permetteva anche di raccogliere gli oggetti bonus ed infine le pillole speciali per poter incrementare ulteriormente il punteggio.
Correzione del bug, i fantasmi prendono vita
Il baco divenne presto famoso e i programmatori corsero quanto prima ai ripari. L’esperienza insegna e le versioni successive videro un salto in avanti abissale: essi inserirono uno schema aleatorio per i movimenti. Non contenti diedero una personalità a ognuno dei fantasmi. Blinky, conosciuto anche come Shadow, il fantasma rosso, è quello più cattivo. E’ sempre pronto ad inseguire Pac Man ad ogni occasione buona che gli si presenta. Pinky, in arte Speedy, quello rosa, è l’unico fantasma femmina del quartetto. E’ la più veloce del lotto. La sua tattica è quella di non inseguire direttamente Pac Man, essa cerca di prevedere dove si muoverà per anticiparlo.
Inky, o anche Bashful, il fantasma blu, è il più intelligente di tutti. Esso adotta la strategia di bloccare il tunnel più vicino a Pac Man per poi prenderlo di sorpresa dalla parte opposta. È il fantasma con lo schema di movimento più complicato. Per eseguire al meglio la sua tattica spesso esegue movimenti coordinati con Blinky. Infine abbiamo Clyde, conosciuto anche come Pokey, il fantasma arancione, è lo stupido del gruppo. Egli effettua le traiettorie casuali, spesso controproducenti e prive di senso. È il più lento dei quattro e non insegue mai Pac Man. A volte si accoda agli altri fantasmi che lo stanno seguendo ma lo fa in maniera goffa.
Pac Man e il livello 256
Pac Man doveva essere un “never ending” videogame. La sua struttura si prestava facilmente a questo visto il ripetersi di livelli e le routine alle quali sono sottoposti, ma un bug di programmazione faceva bloccare il gioco al livello 256. Ma questa sua debolezza, questo errore, resero alla fine il gioco ancora più particolare e alla fine si rivelò un ulteriore punto di forza. Ma andiamo a vedere cosa succede arrivati al fantomatico livello 256: il livello cambia graficamente a causa di un bug nella funzione che disegna la frutta nella barra inferiore dello schermo. Nella linea non dovrebbero comparire più di sette frutti, questo perché il codice si occupa di disegnare tanti frutti quanto è il livello corrente. Siccome il numero del livello viene registrato su un solo byte, completato il 255º (in esadecimale “FF”), la funzione legge dal numero esadecimale 100 (ovvero 256 in decimale) solo lo “00” (Fonte Wikipedia)
Che succede in pratica?
In parole povere il programma sbaglia un conteggio e tenta di fare apparire ben 256 frutti nella barra in fondo incasinando completamente la grafica dello stesso. Appaiono infatti per circa metà schermata un sacco di caratteri casuali che rendono “invisibile” metà labirinto perciò è quasi impossibile proseguire oltre.
Per questo motivo il punteggio massimo raggiungibile è di 3333360 punti: questo è definito perfect score e per ottenerlo bisogna mangiare in tutti i livelli di gioco tutte le pillole, tutti i fantasmi e tutti i bonus che appaiono.
Pac Man dopo il livello 256
Prima ho volutamente scritto che il livello 256 è “quasi impossibile” da superare. Certo, in quel gran casino che appare sfido chiunque a finire il quadro, ma a livello teorico è possibile andare oltre e praticamente fu anche fatto. Infatti se una persona avesse conosciuto molto bene il labirinto, sarebbe stata in grado di terminare il livello. Ma che succederebbe in questo caso? Dopo il livello 256 il gioco continua per altri 255 livelli per poi trovarsi nuovamente davanti al difetto di programmazione. Questo è stato possibile saperlo soltanto in tempi recenti, grazie al MAME: utilizzando alcuni espedienti è riuscito a simulare la vittoria del livello in questione.
Leggende urbane
Negli anni 80 giravano leggende urbane sul superamento del livello 256, le quali ovviamente sono tuttora prive di fondamento. Il caso più famoso è quello del dicembre del 1982: Jeffrey R. Yee, un ragazzino di appena 8 anni, sostenne di aver totalizzato il punteggio di 6131940 punti. Questo astronomico punteggio sottintende il superamento del livello 256. Né questo né altri superamenti sono mai stati dimostrati. A dimostrazione di questo nel 1999 Billy Mitchell, detentore del record della partita perfetta, offrì 100000 dollari a chi avesse fornito una prova del superamento del livello. Ma nell’aprile 2018 Twin Galaxies ha rimosso tutti i punteggi di Mitchell dal suo database dopo aver provato che alcuni punteggi di Donkey Kong non erano stati raggiunti utilizzando hardware arcade autentico.
Pac Man fece esplodere il mondo dei videogames
Il mondo dei videogames e degli arcade era sul punto di esplodere e Pac Man fu il detonatore di questo ordigno. Le sale giochi iniziarono a fiorire e i cabinati erano diffusi anche nei normali bar. Siamo nel 1982 e l’espansione del mercato arcade è ormai una realtà. Il giro di affari è enorme e ovviamente non tardarono ad arrivare le prime conversioni per sistemi domestici. Un errore madornale fu quello di pensare che il nome da solo sarebbe bastato per vendere milioni di pezzi in versione home: questo tentativo di convertire Pac-Man per il mercato delle console casalinghe si rivelò un gigantesco disastro.
Atari e il disastro per il 2600
La prima casa a muoversi in maniera sbagliata fu proprio Atari che acquistò i diritti di produzione del gioco e iniziò la conversione per il suo 2600. Immediatamente partì una gigantesca campagna pubblicitaria: l’unione fra la più diffusa console del mondo e uno dei giochi di maggior successo sembrava molto promettente. Per uscire in fretta sul mercato, certa di vendere milioni di pezzi, Atari concesse un periodo molto limitato di tempo per completare il progetto.
Il modo peggiore di lavorare
Questo fu affidato a Tod Frye, programmatore di tutto rispetto, ideatore di Earthworld, Fireworld e Waterworld della serie Swordquest per Atari 2600. Le differenze tecniche fra la console Atari e l’hardware originale ostacolarono la conversione del gioco. Il reparto tecnico chiese a Frye di far stare Pac Man su un singolo chip di ROM da 4 KB, nonostante egli avesse richiesto con insistenza la possibilità di usare quelli da 8 kB.
Pac Man e la prima royalty
Messo in seria difficoltà Frye chiese una royalty sulle vendite del gioco, minacciando di lasciare Atari per andare a lavorare alla Activision. Kassar, che era presidente di Atari, cedette alle richieste di Frye. Egli siglò così un accordo senza precedenti: se il gioco fosse stato completato per tempo Frye avrebbe intascato 10 centesimi di dollari per ogni cartuccia venduta. Forte di sette milioni di copie vendute il signor Frye divenne ricco mentre Atari subì un colpo terribile.
Atari 2600, difficile fare peggio
La conversione del gioco era lungi dall’essere fedele all’originale: i muri del labirinto erano squadrati, le caramelle erano diventate dei biscotti marroni e i colori vivi e accesi dell’arcade erano spariti. Il problema maggiore fu la resa dei quattro fantasmi: essendo il personaggio principale disegnato utilizzando GRP0, per i fantasmi restava il solo GRP1. Questo vuol dire, in poche parole, che per poter avere 4 fantasmi era necessario visualizzare 1 fantasma ogni 4 fotogrammi.
Il peggior Pac Man di sempre
Il risultato finale faceva apparire i fantasmi lampeggianti. Per questo motivo sul manuale d’uso vennero chiamati per la prima volta fantasmi. Inoltre erano tutti e quattro praticamente uguali e i comportamenti erano molto più limitati rispetto all’originale: i fantasmi seguivano infatti semplicissimi percorsi fissi, esattamente come nella prima versione difettosa dell’arcade. Se i fantasmi erano resi in modo pessimo non è che Pac Man se la passsse meglio: oltre ad essere mal realizzato esso apriva e chiudeva la bocca in continuazione, anche quando non si muoveva.
Pac Man, Atari e l’inizio del disastro
Il gioco stava per essere lanciato in pompa magna sul mercato: il responsabile marketing di Atari, Frank Ballouz, informò Kassar che secondo lui il gioco non avrebbe riscosso i favori degli appassionati ma la sua opinione non fu tenuta in considerazione. Pac-Man fu inizialmente un successo vendendo 7 milioni di copie: divenne il titolo più venduto di sempre per l’Atari 2600. Ma era un fuoco di paglia: le vendite iniziarono subito a calare e molti acquirenti restituivano il gioco chiedendo il rimborso. Atari restò con 5 milioni di copie in eccesso oltre a quelle restituite. Si ritrovò così con circa 10 milioni di cartucce di giochi invendute, di cui 5 milioni di Pac-Man. Per disfarsi di quelle cartucce, Atari fu protagonista di uno tra i più misteriosi fatti della storia dei videogiochi: nel mese di settembre del 1983 buttò tutto in una discarica del Nuovo Messico facendole sotterrare.
L’inizio dell’atari shock
La critica distrusse il port di Pac Man puntando il dito sulle differenze a livello di effetti sonori, grafica e giocabilità. Questo disastro, unito ad altre scellerate politiche commerciali come il saturare il mercato di giochi medio scarsi, innescò quel processo irreversibile che portò di li a breve alla famigerata crisi dei videogiochi del 1983, nota in Giappone anche come Atari shock.
Miracoloso su intellivision
Fortunatamente non tutte le conversioni furono fatte male. La versione per Intellivision di Mattel fu un autentico miracolo tecnologico: fatta eccezione l’effetto schiacciato dato dal diverso orientamento dello schermo il gioco è strabiliante. Rilasciata nel 1983 fu reso in un modo che ha a dir poco dell’incredibile. La risoluzione è ovviamente bassa ma graficamente il labirinto, i fantasmi (che qui non sfarfallano) e Pac Man stesso somigliano in modo sorprendente alle controparti da sala.
Il merito è una sapiente scelta dei colori e la riproposizione della maggior parte dei piccoli dettagli presenti nel coin op. Un plauso solenne merita la giocabilità: è davvero pazzesca e non lascia nulla al caso. Il labirinto stesso è molto fedele a quella dell’originale e questo permette un’esperienza di gioco totale.
Pac Man in salsa commodore
Anche le conversioni per i neonati home computer non tardarono ad arrivare. Nel 1981 il Vic 20 di casa commodore stupì tutti con una conversione non priva di difetti ma veramente bella, con una grafica grossa, colorata e una giocabilità al top. Questa conversione ad opera del team di Hall Laboratory si rivelerà superiore a quasi tutte le versioni che usciranno a breve sulle varie console ma soffriva di un terribile problema: i diritti.
Pac Man diviene Jelly Monsters
Questi erano ovviamente di Atari che stava nel frattempo programmando la conversione, fallimentare, per il 2600. Commodore fece la mossa: cambiò il nome in Jelly Monsters e fece ogni cosa per evitare qualsiasi richiamo con il coin op, a partire dalla bruttissima grafica della confezione. Atari non perse tempo e fece causa alla Commodore, la quale fu costretta a ritirare il gioco. Ma era tardi: ne furono vendute già migliaia di copie, il resto è storia, anche grazie alla pirateria.
Pac Man e il C64
Commodore ci riprovò qualche anno dopo, precisamente nel 1983, con la conversione per il biscottone questa volta resa in maniera ufficiale grazie al benestare di Atari. Fu curata da Namco, la quale affidò lo sviluppo ad Arialosoft. Il leggendario C64 non delude: grafica ottima e resa cromatica quasi uguale alla sala giochi. Sono state convertite anche le simpatiche scenette di inframmezzo che saltuariamente appaiono e ci permettono di rifiatare un attimo.
Pac Man, una pagina epocale di storia
Che dire amici lettori, qui siamo davanti ad un capitolo di quelli spessi nella storia dei videogames. Pac Man divenne la prima icona videoludica che entrò nel mondo reale di tutti i giorni. Il personaggio e la serie di giochi Pac-Man sono diventati un’icona della cultura degli anni 80. Un’ampia varietà di prodotti Pac-Man è stata commercializzata con l’immagine del personaggio, tra cui magliette , giocattoli, imitazioni di videogiochi portatili perfino pasta e cereali.
Finanza e la Pac Man Defense
Pensate che ha influenzato anche il mondo dell’alta finanza con l’invenzione della Pac Man Defense: si tratta di una difesa strategica di business utilizzato per evitare una scalata ostile. Praticamente una società che è minacciata da un’acquisizione aggressiva rigira la trattativa tentando di acquisire il suo aspirante acquirente. Il tutto fu ispirato dal giallo protagonista che deve fuggire dai quattro fantasmi salvo poi divenire egli stesso il potenziale inseguitore quanto mangia una Power Pill.
La serie animata
Dal 1982 al 1983 Hanna – Barbera fecero una serie animata che consisteva in ben 44 episodi. La serie è ambientata Pac Land e segue le avventure del protagonista, la moglie Pepper Pac-Man, il loro bambino Pac-Baby, il loro cane Chomp-Chomp e il loro gatto Sour Puss. La maggior parte degli episodi ruotano attorno alla battaglia tra la famiglia Pac e i loro nemici Blinky, Inky, Pinky, Clyde e Sue. I fantasmi Lavorano per Mezmaron, una figura misteriosa che assomiglia a Darth Vader.
Pac Man sbarca su Billboard
Tutto quello che era collegato a Pac Man pareva trasformarsi in oro: la canzone di Buckner & Garcia ” Pac-Man Fever ” del 1981 è arrivata al n. 9 delle classifiche di Billboard e ha ricevuto il disco d’oro per oltre 1 milione di copie vendute. Nel 1982 Milton Bradley pubblicò un gioco da tavolo basato su Pac-Man. I giocatori spostano fino a quattro personaggi Pac-Man, di colori giallo, rosso, verde e blu, più due fantasmi. Per muoversi vengono tirati una coppia di dadi. I due pezzi fantasma sono stati confezionati in modo casuale all’interno della confezione con uno dei quattro colori.
Considerazioni del Biker
Gli anni passano, il mondo videoludico cambia ma la storia di Pac Man prosegue imperterrita fino ai nostri giorni facendo la sua comparsa su praticamente ogni piattaforma moderna nonché nelle sale cinematografiche. Del resto quando qualcuno o qualcosa assurge al rango di leggenda non può essere altrimenti, soprattutto per chi è entrato così in gran forma nel mondo degli “anta”.
Ora vi saluto amici lettori, Mic the Biker vi da appuntamento al prossimo viaggio nel tempo videoludico. E mi raccomando, leggete qualche nostro vecchio articolo.